Tre azioni di marketing per i liberi professionisti

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Nel primo articolo di questa breve serie sul marketing e la comunicazione per i liberi professionisti, abbiamo fatto una rapida introduzione ai principali temi di questo argomento, primo tra tutti il posizionamento.

In questo secondo articolo vogliamo ricordare che ogni professionista possiede già gli strumenti di base per ampliare la propria clientela, purché sia deciso ad investire del tempo nel presidio di queste tre “aree”.

Tre azioni di marketing facili facili

Ci sono tre azioni di marketing che i liberi professionisti praticano senza quasi rendersene conto o dovrebbero iniziare ad eseguire. Si tratta di muoversi in aree che, se ben presidiate, possono migliorare molto il rapporto con i clienti esistenti e attirare nuovi clienti potenziali. Esse sono:

  • La fidelizzazione della clientela e l’aumento dei servizi offerti;
  • Il passaparola;
  • la reputazione e la visibilità.

Un libero professionista deve fidelizzare i propri clienti

Acquisire nuovi clienti è molto costoso: sia in termini economici, sia in termini relazionali. È per questo che dobbiamo puntare a creare e rafforzare la lealtà dei clienti che già ci hanno scelto.

Un buon cliente con cui abbiamo una storia di risultati positivi è un piccolo tesoro da non lasciar scappare.

Non soltanto dovremmo fare in modo di essere la sua prima scelta la prossima volta che avrà bisogno di un professionista con le nostre competenze, ma dovremo anche fare in modo che ricorra a noi per altri servizi dello stesso genere. Noi stessi, anzi, dovremmo offrire spontaneamente ai nostri clienti quei servizi che possano migliorare il loro risultato e la loro esperienza con noi.

Perciò dovremmo domandarci se i nostri clienti abbiano idea di cosa possiamo fare per loro e come possiamo informarli, nel caso contrario.

Posizionamento e Scala di Valore

Qui il riferimento è al nostro posizionamento come descritto in precedenza, e anche alla scala di valore, ossia alla nostra offerta completa, che metta in ordine crescente di complessità e prezzo ciò che possiamo fornire oltre al primo servizio che il cliente ha ottenuto da noi.

Nel caso peggiore, andrebbe bene anche se potessimo consigliarlo su servizi che non offriamo direttamente, perché diventando un suo punto di riferimento, rimarremo stabilmente al primo posto nella classifica della sua memoria.

Il passaparola è la miniera d’oro dei liberi professionisti

Una cosa importante da tenere a mente è che, quando parliamo di servizi professionali, facciamo riferimento a beni e servizi costosi, a bassa frequenza d’acquisto e molto importanti per l’acquirente. In questi casi, la scelta del professionista sbagliato ha conseguenze gravi e indesiderate nella vita dei clienti.

Molto spesso, inoltre, il ricorso ad un professionista ha motivi d’urgenza ed è un evento straordinario che non si ripete nel tempo. I clienti, perciò, non possono contare sulla propria esperienza ed è per questo che fanno affidamento ai consigli di persone di cui si fidano.

I clienti vogliono esser certi di aver scelto il professionista giusto

Come ogni libero professionista sa, il passaparola rimane il veicolo principe per l’acquisizione di nuovi clienti. Chiedere indicazioni ad amici, parenti o colleghi, serve a ridurre il rischio di fare la scelta sbagliata e subire conseguenze indesiderate, dato che il costo di una scelta sbagliata è elevatissimo sia in termini economici, sia in termini psicologici.

Perciò, un cliente che si sia trovato bene con noi e sappia di cosa ci occupiamo, può essere il nostro miglior testimonial e fare il nostro nome quando qualcuno dovesse chiedergli di indicare un professionista con le nostre competenze.

Per ottenere questo risultato, per far sì che i nostri clienti scelgano spontaneamente di parlare bene di noi quando ne hanno l’opportunità, bisogna tener viva la relazione con loro come si accennava nel paragrafo precedente.

La reputazione e la visibilità sono il biglietto da visita con cui i liberi professionisti trovano nuovi clienti

Infine, la fiducia, la reputazione e la visibilità sono elementi essenziali nella scelta del professionista. Un professionista che abbia un certo nome nel suo ambiente costituisce spesso una garanzia. Quella reputazione potrebbe essere inconsistente o gonfiata ad arte, ma queste cose si vengono a sapere presto, perciò è improbabile che ad una buona reputazione non corrisponda un professionista all’altezza.

Perciò essere segnalati da qualcuno è importante, ma dobbiamo fare in modo che una successiva ricerca di informazioni sostenga e supporti le buone parole di chi ha fatto il nostro nome.

Un modo abbastanza semplice per aumentare la propria visibilità  è rappresentato dal sito web e dalla presenza sui social.

Il sito web continua a rimanere molto importante nella comunicazione

Anche se molti ritengono che i siti web siano una realtà superata e bastino i social, è necessario ricordare che un  sito web è l’unico strumento online totalmente sotto il nostro controllo: ci scriviamo quel che vogliamo e i nostri contenuti rimarranno lì sino a quando esso sarà aperto.

I social media sono canali di comunicazione fuori dal nostro completo controllo

I social, invece, sono canali di altri e i nostri account, i nostri profili, potrebbero venir chiusi dai proprietari da un momento all’altro senza nemmeno informarci in anticipo: basta un cambio di proprietà o di strategia e noi siamo fuori. È successo a molti influencer e persino ad un ex Presidente degli Stati Uniti d’America.

In questo caso, tutto il nostro lavoro verrebbe cancellato in un istante.

Come possiamo usare questi strumenti? Finché non avremo stabilito e avviato una campagna di marketing, la cosa migliore è preparare i contenuti sul proprio sito e poi diffonderli attraverso i social.

A questo riguardo, ecco una breve raccolta di consigli.

 8 consigli per comunicare meglio dedicati ai liberi professionisti:

  1. Il sito serve: anche se fosse soltanto un sito vetrina, con le informazioni più importanti per noi. Quel posto è nostro e ci scriviamo quello che vogliamo. Facebook, Instagram, LinkedIn, YouTube etc. possono chiuderci il canale che abbiamo sulle loro piattaforme, ma non ci possono chiudere il sito;
  2. I social servono, anche se dobbiamo capire quali possono essere adatti a noi e a ciò che facciamo. Se non abbiamo nessuno cui chiedere, guardiamo cosa fanno i nostri colleghi e cerchiamo di capire se ci sembri una cosa adatta a noi;
  3. Siamo coerenti: distinguiamo i social ad uso personale da quelli ad uso professionale, evitando di mettere le foto in spiaggia insieme ad articoli scientifici;
  4. Rimaniamo costanti nel tempo: meglio pubblicare comunicazioni brevi e frequenti piuttosto che un volume di enciclopedia ogni due anni;
  5. Facciamo in modo di essere utili in ogni nostra comunicazione evitiamo di mettere in mostra noi stessi, ma facciamo in modo che la nostra competenza si deduca dall’utilità che mettetiamo a beneficio del pubblico. Se i contenuti che preparariamo saranno utili e ottimizzati sulle necessità dei motori di ricerca (in ottica SEO, cioè), allora potremo aspettarci che, nel tempo, anche il sito e i social diventino una fonte di traffico per il nostro sito e si traducano in richieste di appuntamenti;
  6. Andiamo dritti al punto: la soglia dell’attenzione è bassa e la durata della concentrazione pure. Sforziamoci di essere brevi e diretti;
  7. Imponiamoci di essere chiari: Usiamo un linguaggio adeguato al pubblico che vogliamo raggiungere. Evitiamo di parlare con un gergo tecnico a chi non è del mestiere, ma usiamolo senza timore quando parliamo a professionisti esperti. Ci si intende prima e meglio;
  8. Materiale di altri. Se condividiamo materiale di altri, non limitiamoci a copiare il link, ma ricordiamoci di spiegare perché il nostro pubblico dovrebbe prenderlo in considerazione: commentiamo e spieghiamo quale beneficio ne abbiamo tratto e quale pensiamo ne potrebbero trarre i nostri contatti. Le parole che useremo per presentare quel contenuto (che potrebbe essere un articolo sul nostro sito, ad esempio) potrebbero essere le uniche che il nostro contatto leggerà e sono quelle che faranno in modo che il link venga cliccato oppure no.

Per concludere

In questi due articoli, abbiamo cercato di introdurre non nuovi strumenti di marketing per liberi professionisti, ma almeno l’ atteggiamento necessario a comunicare.

Sfortunatamente, che voi siate bravi non basta, se non lo sa nessuno.

Un funnel di vendita o la scelta di un responsabile commerciale potranno certamente produrre buoni risultati e accorciare i tempi, però serviranno  tempo e programmazione per ottenere risultati.

Gli argomenti di questi articoli: il posizionamento, la scala di valori, la fidelizzazione, il passaparola e la visibilità rimangono un requisito irrinunciabile. Persino se deciderete di costruire un funnel o affidarvi a un responsabile commerciale.

Come anticipato,  agite con metodo e programmazione, ma non aspettatevi risultati veloci.    Naturalmente, più tempo dedicherete a queste pratiche di base, più in fretta arriveranno i risultati che sperate.

In prossimi articoli parleremo di cosa chiedere ad un consulente e se sia quello giusto per noi.

Marketing per liberi professionisti

Avvocato nello studio con clienti contattati con azioni di marketing e comunicazione per liberi professionisti

Molti liberi professionisti chiedono come fare del marketing o della comunicazione. Spesso non sanno esattamente perché, ma hanno la vaga idea che queste discipline potrebbero aiutarli a incontrare un maggior numero di clienti nuovi.

In effetti è vero: un libero professionista può trarre vantaggio dall’adottare delle azioni di Marketing o comunicazione, ma non sono molti quelli che si avventurano su questa strada.

Ciò avviene perché per farlo dovrebbero superare la convinzione che ciò svilisca il prestigio e l’onorabilità della loro professione. Questo svilimento, però, non è davvero in discussione: i tempi sono cambiati e così anche le modalità con cui un professionista entra in contatto con la propria clientela.

I liberi professionisti sono abituati a credere che il loro lavoro dovrebbe parlare al loro posto. Purtroppo non è così, perché, per raccontarsi, quel lavoro ha bisogno di una ribalta e oggi quella ribalta è immensa, e fatta soprattutto di Web. Inoltre, la concorrenza aumenta più velocemente delle opportunità ed è necessario imparare ad includere gli aspetti di marketing e comunicazione nelle attività quotidiane. Per un professionista della “vecchia scuola” può essere molto impegnativo.

In questo articolo e nel prossimo faremo qualche considerazione utile ai liberi professionisti per assumere un atteggiamento verso il marketing e la comunicazione che possa essere d’aiuto.

I liberi professionisti non posso più fare a meno del marketing e della comunicazione

Le generazioni più giovani, quelle cresciute con i social media, hanno maggiore dimestichezza  con la gestione della comunicazione  e non vedono in essa una minaccia al prestigio della loro professione. I professionisti che si sono formati prima, invece,  hanno spesso delle resistenze a cambiare prospettiva. Tra le loro giustificazioni  più frequenti troviamo, ad esempio:

  • “Non credo nel marketing”
  • “Non voglio svilire la mia professione”
  • “Nella mia professione non è consentito fare pubblicità”
  • “Non ho tempo da dedicare a queste attività”
  • “Non voglio trasformarmi in un venditore”
  • “Non è possibile misurare i risultati”
  • “È impossibile differenziarsi, non vale la pena di provarci”

Queste affermazioni sono tutte legate ad una scarsa conoscenza della materia. Il che è comprensibile, visto che – fino a qualche anno fa – per fare il proprio mestiere non era affatto necessario conoscere questi argomenti.

Il posizionamento è la base del marketing

Rimane perciò il problema: come fare? Negli ultimi anni abbiamo assistito su internet ad un’invasione di agenzie, formatori e venditori che propongono a professionisti e piccoli imprenditori un qualche metodo “magico” per diventare autonomi con il marketing e la comunicazione.

Questi metodi “magici” sono basati soprattutto su strumenti digitali e di solito prevedono  la costruzione di un funnel di vendita. Si tratta di un processo ad imbuto che seleziona – con diversi passi – nuovi clienti potenziali. Si parte da un gran numero di persone contattate con la pubblicità online (su Google, su facebook, linkedin o altri social). Via via, poi, si restringe il gruppo a coloro che sono realmente interessati.

Molti professionisti hanno speso, così, decine di migliaia di euro e centinaia di ore di lavoro per acquisire competenze molto lontane dall’ambito della loro professione, convinti di dover fare da loro stessi quel che serve per farsi conoscere e generare nuovi contatti.

Non è questa la strada giusta: è come se i tassisti dovessero costruire da sé l’automobile con la quale lavorano.

È assurdo e, oltretutto, il risultato non potrà mai essere buono quanto quello fornito da professionisti esperti.

In aggiunta, ciò sottrae energie e focus alla loro attività e ciò comporta il mancato guadagno delle ore non fatturate. Anche se i clienti cui fatturare ancora non ci sono.

Di come e dove trovare questi consulenti parleremo in un altro articolo. Anticipiamo qui che le aziende sono facilitate rispetto ai professionisti, perché le loro necessità sono più codificate e i consulenti aziendali sono figure ormai piuttosto diffuse.

Cosa serve davvero ai professionisti per fare marketing?

Ai professionisti  non serve imparare ad adoperare sofisticati strumenti digitali, ma – piuttosto – imparare a guardare alla propria professione utilizzando un approccio di marketing.

Ciò anche nell’interesse della propria clientela, che in questo modo avrà la certezza di incontrare la persona giusta. Per ottenere questo risultato è necessario sviluppare e alimentare la sensibilità ai temi della comunicazione e del marketing. Si può farlo leggendo buoni libri, seguendo qualcuno dei molti influencer e sperimentando senza timore. Ciò aiuterà a parlare la stessa lingua dei consulenti e sceglierli con maggior competenza sapendo cosa chiedere loro.

I metodi “magici” proposti su internet sono poco adatti alla vendita di servizi professionali. Tuttavia, hanno il vantaggio di  introdurre un approccio che comporta diversi benefici di carattere metodologico.

Il posizionamento per i liberi professionisti

Questi benefici si raccolgono nella scelta esplicita del posizionamento di Mercato.

In altre parole si tratta di decidere:

  • Cosa offro (cosa, esattamente, ho intenzione di fare per i miei clienti e cosa non rientra nella mia offerta);
  • Cosa mi differenzia dagli altri professionisti che si rivolgono al medesimo pubblico con un servizio simile (come lo faccio);
  • A chi mi rivolgo (Quali clienti voglio? Qual è il loro profilo?);
  • In quale fascia di prezzo mi colloco (e come giustifico questa scelta?;

E poi:

  • Posso offrire qualche servizio d’ingresso,  a basso costo o gratuito, che serva a farmi conoscere?
  • Ho una scala di valore, ossia una serie di servizi di importanza e costo via via crescente da offrire ai miei clienti?

Molti professionisti non sono abituati a ragionare in questi termini così esplicitamente commerciali. Rispondere a queste domande, però, può essere utile per definire con precisione la propria offerta. Dalla definizione dell’offerta emergerà con maggior chiarezza quali azioni, non soltanto di marketing e comunicazione, siano coerenti col raggiungimento dei propri obiettivi professionali ed economici.

Nel prossimo articolo accenneremo a tre aree di attività che qualunque professionista presidia o dovrebbe presidiare. In queste aree si compiono azioni così semplici che non le definiremmo nemmeno di marketing, eppure di questo si tratta. Prima di pensare di coinvolgere dei consulenti sulla costruzione di un funnel, bisognerebbe concentrarsi su queste azioni. Poi, magari farsi aiutare dai consulenti anzitutto per occuparsene al meglio.

Is the brand image bullshit?

Automobli Ferrari parcheggiate in una località turistica in Italia

Is the corporate image bullshit? Many believe it. The communications manager of an important organization confessed to me – sadly – that her partners, esteemed managers and professionals, regularly circumvent the standards established for internal or external documents. In every reference to the official style they see every excessive bureaucratization and refuse to take it into account.

Yet, like all of us, they are influenced by perceptions.
All of us, when we recognize the logo on a car, we get an idea of ​​its price, its performance and its reliability. If that vehicle had another logo, our conclusions would also be different. It happens every day with objects and even with people.

The evocative power of the brand

It happens because the brand has a great evocative power. It happens because the one stuck on the products is not just a logo, but the hallmark of a Brand.
This banal observation often struggles to be understood.
A brand is a set of components of which the brand is only the most visible part, the tip of the iceberg. Day after day, we learn to recognize brands and, without even realizing it, we accumulate experiences and information even on the hidden part of the iceberg: brands.
Through brands and visual identity, we get used to associating each brand with a specific style of action, a certain quality and certain values. His reputation, in short.
At the mere sight of the logo, a whole universe of meanings comes to mind. In this way, brands don’t have to re-explain who they are and what they do every time, but can simply add the specific information they want to get to the public.
Visual recognition improves effectiveness and capitalizes on investments in communication. This is why companies and organizations put so much effort into getting it.

The importance of a brand’s recognizability

After all, it’s not even that important that we have a nice logo and a refined and elegant image. What matters is that we behave in a manner consistent with the identity we have built.
Yes, because for the best-known brands, recognition is not a product of chance, but the result of voluntary and deliberate actions.
For larger organizations, the visual identity is designed at the table by a team, which designs it in accordance with the story you want to tell, the Vision and Mission of the brand. Even the name is defined in a reasoned way (there are agencies that deal only with this): it must be short, memorable, evocative and easily pronounced in all geographical areas. Nothing is left to chance. Not out of narcissism, but because the construction of a brand and its value necessarily pass through visual recognition. For the public, the brand image is a promise.

Squander the value of the brand

But that promise must be kept by all members of the organization that identifies with the brand, it is not enough for top management to adapt to it.
Unintentionally damaging a brand and its brand is easy. For example, members of an organization can do this when they distort the logo on documents or on the web, when they use it with colors “almost the same as the official ones” or when they send newsletters with typefaces “nicer than the one imposed”.
The success or failure of a business depends on keeping that promise. And even more than economic damage, the damage is to reputation, because if not even the brand manages to be equal to itself, how can we expect everything else to be? The public is disoriented, does not recognize the interlocutor, does not know what to expect. But he sees a bad organization and loses confidence.
The damage never concerns only the management of an organization or its property: failure produces undesirable consequences on each of its components. Repairing that damage could be very expensive or even impossible.
It is for this reason that a company or organization should make sure that all members know the guidelines on corporate image and the importance of following them, because what seems trivial margins of freedom risk undermining the serious work that is done. the rest of the time

Photo by Gabe G: https://www.pexels.com/photo/view-of-bus-250154/

La brand image è una cavolata?

Automobli Ferrari parcheggiate in una località turistica in Italia

L’immagine aziendale è una cavolata? Lo credono in molti. La responsabile della comunicazione di  un’importante organizzazione mi ha confessato – sconsolata – che i suoi soci, stimati manager e professionisti, aggirano regolarmente gli standard stabiliti per i documenti interni o esterni .  Per loro la brand image non è una componente essenziale del successo. Anzi: in ogni richiamo allo stile ufficiale vedono ogni un’eccessiva burocratizzazione e si rifiutano di tenerne conto.

Eppure, come tutti noi, sono influenzati dalle percezioni.

Tutti noi, quando riconosciamo il marchio su un’automobile, ci facciamo un’idea sul suo prezzo, le sue prestazioni e la sua affidabilità. Se quel veicolo avesse un altro marchio, anche le nostre conclusioni sarebbero diverse. Succede ogni  giorno con gli oggetti e, addirittura, con le persone.

Il potere evocativo del marchio

Succede perché Il marchio ha un grande potere evocativo. Succede perché quello appiccicato sui prodotti non è un semplice logo, ma il segno distintivo di un Brand.

Questa banale osservazione, spesso fatica ad essere compresa.

Un brand, una marca, è un insieme di componenti di cui il marchio è soltanto la parte più visibile, la punta dell’iceberg. Giorno dopo giorno, impariamo a riconoscere i marchi e, senza nemmeno rendercene conto, accumuliamo esperienze ed informazioni anche sulla parte nascosta degli iceberg:  i brand .

Attraverso i marchi e l’identità visiva, ci abituiamo ad associare ad ogni brand un preciso stile d’azione, una determinata qualità e certi valori. La sua reputazione, insomma.

Alla sola vista del logo, tutto un universo di significati ci torna alla mente. In questo modo, i brand non devono rispiegare ogni volta chi sono  e cosa fanno, ma possono limitarsi ad aggiungere l’informazione specifica che vogliono far arrivare al pubblico.

La riconoscibilità visiva migliora l’efficacia e capitalizza gli investimenti in comunicazione. È per questo che le aziende e le organizzazioni fanno così tanti sforzi per ottenerla.

L’importanza della riconoscibilità di un brand

In fondo non è nemmeno tanto importante che abbiamo un bel logo e un’immagine ricercata ed elegante. Ciò che importa è che ci comportiamo in maniera coerente con l’identità che abbiamo costruito.

Già, perché per i brand più noti, la riconoscibilità non è un prodotto del caso, ma il frutto di azioni volontarie e deliberate.

Per le organizzazioni più grandi, l’identità visiva è progettata a tavolino da un team, che la disegna in accordo con la storia che si vuole raccontare, la Vision e la Mission del brand. Persino il nome, viene definito in maniera ragionata (ci sono agenzie che si occupano soltanto di questo): deve essere breve, memorabile, evocativo e facilmente pronunciabile in tutte le aree geografiche. Nulla è lasciato al caso. Non per narcisismo, ma perché la costruzione di un brand e il suo valore passano necessariamente per la riconoscibilità visiva. Per il pubblico, l’immagine  del brand costituisce una promessa. 

Sperperare il valore del brand

Ma quella promessa deve essere mantenuta da tutti i componenti dell’organizzazione che si identifica col brand, non basta che vi si adeguino i vertici.

Danneggiare involontariamente un brand e il suo marchio è facile. Ad esempio, possono farlo i membri di un’organizzazione quando distorcono il logo sui documenti o sul web, quando lo utilizzano con colori “quasi uguali a quelli ufficiali” o quando inviano newsletter  con caratteri tipografici “ più simpatici di quello imposto” .

Il successo o l’insuccesso di un’impresa passa dal mantenimento di quella promessa. E prima ancora che economico, il danno è di reputazione, perché se neppure il marchio riesce ad essere uguale a se stesso, come ci si può aspettare che lo sia tutto il resto? Il pubblico rimane disorientato, non riconosce l’interlocutore, non sa cos’aspettarsi. Però vede una cattiva organizzazione e perde fiducia.

Il danno non riguarda mai soltanto la Direzione di un’organizzazione o la sua proprietà: l’insuccesso produce conseguenze indesiderate su ogni sui componente. Rimediare a quel danno potrebbe essere molto costoso o, addirittura impossibile.

È per questa ragione che un’azienda o un‘organizzazione dovrebbero accertarsi che tutti i membri conoscano le linee guida sull’immagine aziendale e l’importanza di seguirle, perché quelli che sembrano banali margini di libertà rischiano di vanificare il lavoro serio che si fa nel resto  del tempo